AudioRivista.it - Dante, selezione dalla Commedia a cura di Carlo Colognese - Parte Sesta - Hébergez gratuitement votre podcast sur Vodio.fr

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14min (13 Mo) - 28 avril 2021 Code copié Lien copié

Description de l'episode

Nel decimo Canto, Dante, guelfo "bianco" e in quanto tale condannato all'esilio nel 1302, incontra fra i dannati nel sesto cerchio dell' Inferno - quello dove si trovano le anime che hanno peccato di incontinenza e in particolare di eresia - due fiorentini illustri. Si tratta di Farinata degli Uberti, che era stato capo dei ghibellini, e di Cavalcante de' Cavalcanti, padre dell'amico di gioventù del poeta, Guido. Così Firenze fa da sfondo alle disquisizioni tra i personaggi, tra lotte di fazioni e ricordi nostalgici.



Introduzione e voce di Carlo Colognese



Illustrazione di Gustavo Doré



Episodi precedenti:
Parte Quinta
Parte Quarta
Parte Terza
Parte Seconda
Parte Prima



CANTO DECIMO





Ora sen va per un secreto calle,
tra ’l muro de la terra e li martìri,
lo mio maestro, e io dopo le spalle.



«O virtù somma, che per li empi giri
mi volvi», cominciai, «com’a te piace,
parlami, e sodisfammi a’ miei disiri.



La gente che per li sepolcri giace
potrebbesi veder? già son levati
tutt’i coperchi, e nessun guardia face».



E quelli a me: «Tutti saran serrati
quando di Iosafàt qui torneranno
coi corpi che là sù hanno lasciati.



Suo cimitero da questa parte hanno
con Epicuro tutti suoi seguaci,
che l’anima col corpo morta fanno.



Però a la dimanda che mi faci
quinc’entro satisfatto sarà tosto,
e al disio ancor che tu mi taci».



E io: «Buon duca, non tegno riposto
a te mio cuor se non per dicer poco,
e tu m’hai non pur mo a ciò disposto».



«O Tosco che per la città del foco
vivo ten vai così parlando onesto,
piacciati di restare in questo loco.



La tua loquela ti fa manifesto
di quella nobil patria natio
a la qual forse fui troppo molesto».



Subitamente questo suono uscìo
d’una de l’arche; però m’accostai,
temendo, un poco più al duca mio.



Ed el mi disse: «Volgiti! Che fai?
Vedi là Farinata che s’è dritto:
da la cintola in sù tutto ’l vedrai».



Io avea già il mio viso nel suo fitto;
ed el s’ergea col petto e con la fronte
com’avesse l’inferno a gran dispitto.



E l’animose man del duca e pronte
mi pinser tra le sepulture a lui,
dicendo: «Le parole tue sien conte».



Com’io al piè de la sua tomba fui,
guardommi un poco, e poi, quasi sdegnoso,
mi dimandò: «Chi fuor li maggior tui?».



Io ch’era d’ubidir disideroso,
non gliel celai, ma tutto gliel’apersi;
ond’ei levò le ciglia un poco in suso;



poi disse: «Fieramente furo avversi
a me e a miei primi e a mia parte,
sì che per due fiate li dispersi».



«S’ei fur cacciati, ei tornar d’ogne parte»,
rispuos’io lui, «l’una e l’altra fiata;
ma i vostri non appreser ben quell’arte».



Allor surse a la vista scoperchiata
un’ombra, lungo questa, infino al mento:
credo che s’era in ginocchie levata.



Dintorno mi guardò, come talento
avesse di veder s’altri era meco;
e poi che ’l sospecciar fu tutto spento,



piangendo disse: «Se per questo cieco
carcere vai per altezza d’ingegno,
mio figlio ov’è? e perché non è teco?».



E io a lui: «Da me stesso non vegno:
colui ch’attende là, per qui mi mena
forse cui Guido vostro ebbe a disdegno».



Le sue parole e ’l modo de la pena
m’avean di costui già letto il nome;
per

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Podcast in tema di storia, letteratura e culture del territorio. Singoli episodi della durata di circa 30 minuti pensati per un utile intrattenimento.

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